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MALATTIE RARE DELL’OSSO

Si definiscono malattie rare quelle patologie che hanno una prevalenza inferiore a una certa soglia, che per l’Unione Europea è fissata a 5 casi su 10.000 individui. Anche se ciasciuna patologia colpisce un numero relativamente piccolo di persone, gli ammalati complessivi di malattie rare sono molti, visto che si parla di due milioni di persone soltanto in Italia. Le malattie rare finora conosciute sono quasi 7.000 e gli avanzamenti della ricerca portano a riconoscerne sempre di nuove. Tra queste malattie sono particolarmente insidiosi i disturbi genetici che riguardano il sistema scheletrico, che nascono da anomalie dei complicati processi dello sviluppo delle ossa, dalla crescita al mantenimento dell’equilibrio scheletrico, e rimangono molto difficili da inquadrare clinicamente e da curare, a causa della loro varietà: al momento sono state inquadrate quasi 400 diverse forme di patologie scheletriche. La ricerca svolge un ruolo fondamentale per capire queste malattie e cercare di avanzare nelle possibilità di trattamento: sono già stati individuati numerosi farmaci orfani e molti di questi hanno ricevuto, o stanno ricevendo, l’approvazione di vendita. 

A grandi linee, le malattie rare che riguardano lo scheletro possono essere catalogate in questi gruppi:

Alterazione nell’attività degli osteoclasti o degli osteociti, che possono causare: 

  • Difetto di riassorbimento osseo
  • Eccesso di riassorbimento osseo
  • Difetto di formazione ossea
  • Eccesso di formazione ossea

Alterazione nelle proteine morfogenetiche dell’osso (BMP)

  • Disordini nella sintesi del collagene
  • Disordini nella fosfatasi alcalina

Alterazione nelle citochine e fattori di crescita

  • Disordini del sistema RANK/RANKL/OPG
  • Disordini della sintesi del glicosil-fosfatidil-inositolo
  • Disordini del LRP5
  • Disordini del recettore della proteina morfogenetica dell’osso

Squilibri nell’attività ormonale calciotropica

  • Eccesso o carenza di paratormone
  • Disordini nel recettore dell’ormone paratiroideo
  • Disordini nel metabolismo della vitamina D
  • Disordini nell’omeostasi del fosfato

IPOFOSFATASIA (HPP)

L’Ipofosfatasia (HPP) è una malattia metabolica rara congenita causata da una riduzione o da una perdita di funzione dell’enzima fosfatasi alcalina, dovuta in molti casi a mutazioni inattivanti del gene ALPL che codifica per la fosfatasi alcalina non-tessuto specifica (TNSALP).I pazienti presentano difetti nella mineralizzazione scheletrica, rachitismo, osteomalacia, fratture da fragilità, pseudofratture da stress, anomalie scheletriche e altre complicanze (convulsioni, compromissione respiratoria, anomalie dentarie, nefrocalcinosi, condrocalcinosi, debolezza e dolore cronico).

Vi sono 6 forme cliniche di HPP: prenatale benigna, perinatale, neonatale, infantile, dell’adulto e odonto-ipofosfatasia, quest’ultima a interessamento esclusivamente dentario. Le forme perinatale e neonatale sono letali rispettivamente nel 100% e nel 50-90% dei casi.

Nella forma infantile, i bambini presentano bassa statura, gambe storte o ginocchio valgo, articolazioni del polso e della caviglia ingrossate, forma del cranio anomala e perdita precoce dei denti da latte.

Gli adulti presentano osteomalacia, che porta a fratture ricorrenti al femore e alle ossa del piede con dolore cronico, e possono presentare perdita prematura dei denti e patologie odontoiatriche ricorrenti.

Il trattamento per il tipo infantile è rappresentato principalmente dalla terapia enzimatica sostitutiva con asfotase alfa.

La forma adulta prevede cure odontoiatriche di routine, farmaci anti-infiammatori non steroidei per l’artrosi, il dolore alle ossa e l’osteomalacia, ed eventuali interventi ortopedici per le fratture e le pseudofratture da stress.

RACHITISMO IPOFOSFATEMICO LEGATO AL CROMOSOMA X (XLH) 

Il Rachitismo Ipofosfatemico Legato al Cromosoma X (XLH) è una rara malattia congenita, caratterizzata da eccessiva perdita renale del fosfato e conseguente ipofosfatemia cronica.

È causata da mutazioni inattivanti del gene PHEX, il quale codifica una metallo-proteasi di membrana che taglia la fosfotonina attiva FGF23 inattivandola.

Tali mutazioni comportano un accumulo di FGF23 circolante, con conseguente incremento della perdita urinaria di fosfati. I pazienti adulti con XLH possono presentare manifestazioni cliniche molto variabili, che vanno da forme lievi a forme più gravi, le quali comprendono: osteomalacia, fratture da fragilità e pseudofratture, deformità ossee, dolore osseo, malattie dentali, entesopatie (calcificazioni dei legamenti e giunzioni teno-ossee), debolezza muscolare, malattie articolari degenerative, rigidità, ridotta mobilità articolare e fisica, perdita dell’udito.

Il trattamento convenzionale nei bambini consiste nel somministrare, per via orale, multiple dosi di fosfato e calcitriolo per contrastare gli effetti dell’eccessiva produzione di FGF23. Oggi è disponibile la terapia con burosumab, anticorpo monoclonale che agisce bloccando l’effetto di FGF23.

OSTEOMALACIA ONCOGENICA (TIO)

L’Osteomalacia Oncogenica, chiamata anche Osteomalacia Indotta da Tumore (TIO), è una patologia rara acquisita, causata da un tumore mesenchimale fosfaturico benigno che secerne fosfatonine, in particolare la fosfatonina FGF23, con conseguente eccessiva escrezione urinaria di fosfato.

Generalmente esordisce in età adulta, raramente in età pediatrica. I segni clinici sono dovuti all’ipofosfatemia cronica derivata dall’iperfosfaturia, le quali portano a osteomalacia, causando dolore osseo, fratture patologiche e debolezza muscolare.

Nei bambini la patologia si manifesta con rachitismo. La terapia, dove possibile, è la resezione chirurgica del tumore, ma se la lesione non è localizzabile o difficilmente aggredibile, è necessaria una terapia medica con fosfati e vitamina D attiva.

Attualmente la Commissione Europea sta valutando l’approvazione di burosumab per la cura. Il burosumab è un anticorpo monoclonale ricombinante completamente umano, che si lega alla proteina FGF23 e ne inibisce l’attività, ripristinando la corretta omeostasi del fosfato.

OSTEOGENESI IMPERFETTA (OI)

Il termine Osteogenesi Imperfetta (OI) include una famiglia di malattie genetiche rare caratterizzate da un’alterazione del tessuto connettivo, e in particolare del collagene di tipo 1, che rende le ossa più suscettibili a deformità e fratture.

Le forme più frequenti (80% dei casi circa) sono di tipo autosomico dominante e sono causate da mutazioni eterozigoti inattivanti dei geni COL1A1 e COL1A2, che codificano le catene alfa 1 e alfa 2 del collagene di tipo 1.

Si sospetta una OI in caso di fratture ricorrenti traumatiche nella stessa sede, oppure di fratture non traumatiche o causate da traumi lievi.

Questa fragilità ossea può essere associata ad anomalie di colore e struttura dei denti (dentinogenesi imperfetta), iperlassità delle articolazioni (riduzione abnorme della tensione dei legamenti), ridotta crescita staturale, progressive deformità ossee, alterazioni dell’udito (sop rattutto tra la seconda e la quarta decade di vita), alterazioni del colore delle sclere (sclere blu).

Lo sviluppo cognitivo è normale. I sintomi e segni di OI sono estremamente variabili da caso a caso, ma anche all’interno della stessa famiglia con identica mutazione genetica. Sulla base delle caratteristiche cliniche e radiologiche, sono stati inizialmente definite 4 forme “originali” di OI.

A oggi sono state identificate oltre 20 diverse forme, a ereditarietà variabile e causate da geni diversi. La terapia prevede la somministrazione di calcio, vitamina D e bisfosfonati, il trattamento fisioterapico e riabilitativo e interventi di tipo ortopedico. 

FIBRODISPLASIA OSSIFICANTE PROGRESSIVA (FOP)

La Fibrodisplasia Ossificante Progressiva (FOP) è una malattia rara ereditaria del tessuto connettivo, caratterizzata da malformazioni congenite degli alluci e dalla progressiva formazione di tessuto osseo mineralizzato, qualitativamente normale, ma in siti extrascheletrici e nei tessuti molli.

L’insorgenza della patologia è inevitabile e non prevedibile e avviene in conseguenza a un singolo episodico microtrauma del tessuto molle (microlesioni, iniezioni intramuscolari, infezioni virali, stretching muscolare, cadute), innescando il processo di formazione ossea ectopica che trasforma in maniera progressiva e inarrestabile i muscoli scheletrici, i tendini, i legamenti, le fasce e le aponeurosi in osso, rendendo impossibile il movimento.

La FOP classica è dovuta alla mutazione attivante ricorrente (617G>A; R206H) nel gene ACVR1, che codifica per il recettore dell’activina A tipo 1/activina-like chinasi 2 (ALK2), un recettore tipo 1 delle proteine morfogenetiche dell’osso (BMP).

L’esame radiografico consente di evidenziare le anomalie degli alluci e la presenza di ossificazione eterotopica. I test genetici consentono di confermare la diagnosi.

Al momento non esiste un trattamento definitivo. La somministrazione di corticosteroidi può ridurre l’infiammazione acuta e l’edema tissutale osservati nei primi stadi della malattia.

MALATTIA DI GAUCHER (GD)

La Malattia di Gaucher (GD) è una malattia ereditaria del metabolismo dovuta al deficit dell’enzima glucocerebrosidasi, che causa il deposito di glucocerebrosidi nei macrofagi tissutali, formando così le cellule di Gaucher.

Ci sono tre forme cliniche di malattia di Gaucher. La sintomatologia può comprendere ingrandimento simultaneo del fegato e della milza, problemi ossei (osteopenia, crisi dolorose, lesioni osteolitiche con fratture), ritardo dell’accrescimento, pubertà ritardata, ecchimosi.

A seconda del tipo, può esserci prevalentemente interessamento neurologico progressivo (demenza progressiva e atassia (forma IIIa).

La diagnosi avviene tramite analisi del DNA e/o analisi enzimatica dei globuli bianchi. Il trattamento consiste nella terapia enzimatica sostitutiva con glucocerebrosidasi endovena che risulta efficace nelle forme I e III. Può essere indicata la rimozione chirurgica della milza. In alcuni casi può esser valutato il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali.

RACHITISMO IPOFOSFATEMICO AUTOSOMICO RECESSIVO (ARHR)

Il Rachitismo Ipofosfatemico Autosomico Recessivo (ARHR) è una malattia rara ereditaria a trasmissione autosomica recessiva, causata da mutazioni omozigoti inattivanti del gene che codifica per la proteina della matrice della dentina 1 (DMP1) o del gene che codifica l’enzima ectonucleotide pirofosfatasi/fosfodiesterasi 1 (ENPP1), rispettivamente per la forma ARHR1 e ARHR2 della patologia.

Queste mutazioni provocano l’aumento della produzione di FGF23, un fattore chiave che regola il metabolismo del fosfato, generando una diminuzione cronica del riassorbimento dei fosfati da parte dei tubuli renali, che causa ipofosforemia e demineralizzazione ossea.

L’ARHR può esordire durante l’infanzia con i segni tipici del rachitismo: bassa statura, dolore osseo e deformità scheletriche; oppure in età adulta, manifestandosi con dolore osseo, osteomalacia, affaticamento, debolezza muscolare e fratture ossee ricorrenti. Il trattamento consiste nella somministrazione di sali di fosfato inorganico e metaboliti della vitamina D.

RACHITISMO IPOFOSFATEMICO EREDITARIO CON IPERCALCIURIA (HHRH)

Il Rachitismo Ipofosfatemico Ereditario con Ipercalciuria (HHRH) è una rara malattia autosomica recessiva causata da una mutazione omozigote o eterozigote composta nel gene SLC34A3, che codifica per il cotrasportatore sodio-fosfato di tipo 2c (NaPi-IIc).

L’HHRH è caratterizzato da un’eccessiva perdita renale di fosfato, con conseguente ipofosfatemia, livelli corrispondentemente elevati di 1,25(OH)2 vitamina D e ipercalciuria.

Clinicamente può manifestarsi con calcoli renali, nefrocalcinosi, rachitismo/osteomalacia, ritardo della crescita, bozze frontali, aumento delle fratture, dolore osseo, ipotonia, debolezza muscolare, difficoltà a camminare e a stare in piedi.

La terapia prevede solo la supplementazione di fosfato, senza supplementazione di calcitriolo che andrebbe ad aumentare ulteriormente i livelli di 1,25(OH)2 vitamina D, con conseguente ipercalciuria da iperassorbimento. Questa caratteristica lo distingue dal Rachitismo Ipofosfatemico Legato al Cromosoma X (XLH) e dal Rachitismo Ipofosfatemico Autosomico Dominante (ADHR).

MASTOCITOSI (MC)

La Mastocitosi è una malattia caratterizzata da un’anomala proliferazione e un accumulo di mastociti; se questi sono limitati alla cute, si parla di Mastocitosi Cutanea (MC), quando invece si trovano nel midollo osseo, tratto gastrointestinale, polmone, fegato, milza e linfonodi, si parla di Mastociti Sistemica (MS).

La MC è frequente nei bambini, manifestandosi entro i primi 6 mesi di vita con lesioni cutanee che in oltre il 50% dei casi guariscono spontaneamente con l’adolescenza. La MS si presenta maggiormente in età adulta esordendo dopo i 20 anni.

Le manifestazioni cliniche variano molto, a partire da vampate di calore o rossore del volto, mal di testa, stanchezza, ipotensione arteriosa, nausea, diarrea, dolori addominali e osteoporosi. Le lesioni cutanee possono non essere presenti. Particolare attenzione deve essere posta alle reazioni anafilattiche, che necessitano accesso urgente in pronto soccorso per trattamento tempestivo.

La Mastocitosi viene diagnosticata attraverso la valutazione delle lesioni cutanee; nei casi in cui queste non siano presenti la diagnosi è più difficile e spesso giunge dopo valutazioni allergologiche eseguite per frequenti episodi anafilattici.

La terapia della Mastocitosi deve essere personalizzata e prescritta in ambito strettamente specialistico, in quanto uno degli obiettivi più importanti è la prevenzione e/o il controllo dei sintomi della malattia, bloccando il rilascio o l’azione delle sostanze chimiche prodotte dai mastociti.

OSTEOCONDROMI MULTIPLI EREDITARI (HMO)

Con il nome di Osteocondromi Multipli Ereditari (HMO) si definisce una malattia genetica rara, precedentemente chiamata Esostosi Multipla Ereditaria (HME), che provoca la formazione di osteocondromi multipli. È causata da mutazioni eterozigoti nei geni EXT1 o EXT2, che codificano per due proteine chiamate esostosina 1 (EST1) ed esostosina 2 (EST2), coinvolte nella biosintesi dell’eparan-solfato.

Gli osteocondromi sono tumori ossei ricoperti di cartilagine che crescono verso l’esterno dalle estremità delle ossa lunghe o dalla superficie delle ossa piatte (bacino, scapola). Possono essere sessili o peduncolati, il loro numero varia ampiamente anche tra pazienti affetti appartenenti a una stessa famiglia.

Clinicamente gli osteocondromi crescono di dimensioni e piano piano si ossificano durante lo sviluppo scheletrico, smettendo di crescere con la maturità scheletrica.

Successivamente non si sviluppano nuovi osteocondromi. Gli osteocondromi non richiedono terapia, ma nel caso in cui si sviluppino eccessivamente, determinando limitazioni o difficoltà nel compiere i movimenti, oppure interessino strutture adiacenti (come muscoli nervi o tendini), oppure si presenti degenerazione in condrosarcoma, la terapia è chirurgica.

Gli uomini tendono a essere più colpiti rispetto alle donne.

DISPLASIA FIBROSA DELL’OSSO (FD)

La Displasia Fibrosa dell’Osso (FD) è una displasia scheletrica primitiva benigna rara, caratterizzata dalla progressiva sostituzione del tessuto e del midollo ossei da parte di tessuto connettivo fibroso, con perdita di funzionalità. Non è una patologia ereditaria né trasmissibile alla progenie, ed è causata da mutazioni eterozigoti attivanti nel gene GNAS (20q13.32) che si verificano a livello somatico.

Le lesioni possono essere isolate e colpire un singolo segmento osseo, con esordio doloroso o con una frattura patologica diagnosticata tra i dieci e i trent’anni (circa il 70% dei casi), oppure possono interessare più ossa, risultando così gravemente invalidanti e causando dolore, fratture, deformità o cecità e sordità, con esordio dei primi sintomi prima dei dieci anni di età. Le immagini radiologiche sono tipiche e sufficienti per la diagnosi; dove necessario è però utile l’esame istologico.

Il trattamento consiste nella somministrazione endovenosa di pamidronato, che nella maggior parte dei pazienti allevia rapidamente il dolore osseo, favorendo la progressiva mineralizzazione ossea nelle zone colpite. Possono essere utilizzati analgesici per il dolore. La terapia ortopedica è fondamentale per la prevenzione e il trattamento delle complicanze scheletriche.

CALCINOSI TUMORALI IPERFOSFATEMICHE FAMILIARI (HFTC)

Le Calcinosi Tumorali Iperfosfatemiche Familiari (HFTC) sono rare anomalie congenite del metabolismo del fosfato a ereditarietà autosomica dominante, causate da mutazioni omozigoti inattivanti in geni codificanti le fosfatonine (FGF23, GALNT3 e KLOTHO), una famiglia di proteine coinvolte nella regolazione del riassorbimento renale di fosfati.

Vi è poi la Calcinosi Tumorale Normocalcemica, causata da mutazioni omozigoti o eterozigoti composite del gene SAMD9.

Le Calcinosi Tumorali sono caratterizzate dalla deposizione progressiva di cristalli di fosfato di calcio di varia dimensione in prossimità delle articolazioni (come gomiti, scapole, anche e caviglie), nei tessuti molli e talvolta nelle ossa.

Questa patologia si manifesta principalmente in età giovanile. 

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