Il 1 giugno 2017 si celebra la Prima Giornata Mondiale dell’Ipoparatiroidismo, un evento importante per dare finalmente risalto a una patologia rara poco nota ma altamente invalidante. Per l’occasione A.P.P.I., (Associazione Per i Pazienti con Ipoparatiroidismo) ha organizzato a Roma un importante evento, che si terrà a partire dalle 11,00 nella Biblioteca Giovanni Spadolini del Senato della Repubblica.
L’ipoparatiroidismo (detto anche HPTH) è una malattia endocrina rara, causata dall’assenza o dalla carenza di paratormone, un particolare ormone prodotto dalle ghiandole paratiroidi, corpuscoli della dimensione di un pisello poste in prossimità della tiroide. In rare persone, a causa di malformazioni congenite, queste ghiandole non esistono o non funzionano correttamente fin dalla nascita; ad altre vengono asportate chirurgicamente perché ammalate, oppure vengono danneggiate o tolte nel corso di interventi alla tiroide: in ogni caso, chi si trova in simili condizioni, sarà affetto da ipoparatiroidismo.
L’assenza di un qualsiasi ormone nel corpo umano può avere gravi conseguenze, perché queste sostanze svolgono la funzione di messaggero chimico ed hanno il compito di controllare e dirigere l’attività di alcune specifiche cellule a loro “affidate”: se un ormone manca, queste smettono di funzionare correttamente. Il paratormone, in particolare, ha la funzione di regolare l’attività delle cellule che assorbono il calcio: quando non è presente ne deriva una carenza di calcio nel sangue (detta ipocalcemia), con tutte le conseguenze che questa può avere.
L’ipoparatiroidismo in sé e per sé dunque non dà sintomi: è la carenza di calcio a manifestarsi con sintomi molto vari e diversi da persona a persona. Un basso livello di calcio nel sangue (associato a livelli fosfatici superiori alla norma) causa sintomi simili agli attacchi tetanici che possono riguardare il sistema muscolare, il sistema nervoso, l’apparato gastrointestinale. Se questo stato perdura si possono avere anomalie dei denti, bassa statura, cataratta oculare, problemi alle ossa.
La condizione di malattia rara ha fatto sì che finora gli ammalati di ipoparatiroidismo avessero poca visibilità, ma finalmente qualcosa negli ultimi tempi è cambiato: nel 2015 è stata fondata A.P.P.I., Associazione Per i Pazienti con Ipoparatiroidismo, nata grazie allo sforzo della Fondazione FIRMO (Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso), diretta dalla Professoressa Maria Luisa Brandi, e ora, il prossimo 1 giugno, si celebra in tutto il mondo la Prima Giornata Mondiale dell’Ipoparatiroidismo, un evento che finalmente dissolverà il cono d’ombra in cui si trova questa patologia. A.P.P.I. e FIRMO hanno organizzato congiuntamente per la Giornata un evento che si terrà a Roma, nella Biblioteca Giovanni Spadolini del Senato, la mattina del 1 giugno, dalle 11,00 alle 13,00, che vedrà la presenza di numerose Autorità, specialisti e ammalati.
È proprio alla Professoressa Maria Luisa Brandi, docente di Malattie del Metabolismo Minerale Osseo dell’Università di Firenze, che abbiamo chiesto di parlarci dell’importanza di questo evento: “È un passaggio fondamentale, al quale noi come FIRMO, teniamo particolarmente: abbiamo spinto molto per la nascita dell’Associazione A.P.P.I., che dopo aver mosso i primi passi, ora si muove in autonomia e cresce sempre più. L’evento che abbiamo organizzato in occasione di questa Giornata permetterà di far conoscere ancora meglio questa importante associazione di pazienti. Sarà anche l’occasione per presentare il nuovo sito internet di A.P.P.I., completamente rinnovato, che diventerà un valido punto di riferimento per gli ammalati: oltre a trovare risposte immediate ai loro dubbi, gli ammalati avranno ora la possibilità interagire tra loro e con gli specialisti, grazie a un forum dove potranno far sentire la loro voce. Auspichiamo davvero che sia giunta l’ora per questi ammalati di non sentirsi più soli. Anche perché a breve nel nostro Paese verrà riconosciuta una terapia sostitutiva che darà nuove speranze ai pazienti. Questo evento vuole far conoscere quanto fatto finora, ma ancor di più vuole segnare un punto di partenza per un nuovo approccio a questa malattia”.